sabato 27 luglio 2013

The ABCs of Death di A.A.V.V.

Proprio qualche mese fa, chiacchierando a proposito di V/H/S, riflettevo sul fatto che l'horror antologico sta tornando di moda con molta discrezione, almeno nel panorama del cinema indipendente. Proprio mentre quell'esperimento non proprio riuscito si preparava a (non) arrivare nelle sale, già si vociferava di questo ABCs of Death, un film che si proponeva di portare la struttura antologica alle sue più estreme conseguenze, coinvolgendo la bellezza di 26 registi più o meno noti nella realizzazione di ben 26 cortometraggi diversi.
Ad ogni regista è stata assegnata una diversa lettera dell'alfabeto anglosassone che sarà l'iniziale di una parola a scelta, un input per inventare una storia dell'orrore che insieme a tutte le altre andrà a costruire una macabra enciclopedia delle morti violente.
I nomi in ballo sono veramente tanti e i vari continenti sono molto ben rappresentati, accanto ai padroni di casa americani troviamo infatti un folto gruppo di registi sudamericani, un paio di europei (italiani esclusi naturalmente), qualche pazzo giapponese e poi australiani, indonesiani, inglesi, canadesi... insomma ce n'è per tutti i gusti, talmente tanta gente che è difficile dedicare il giusto spazio ad ognuno dei cortometraggi, quindi per ragioni pratiche mi soffermerò sui più interessanti o su quelli di registi particolarmente promettenti, (s)fortunatamente la maggior parte dei corti galleggiano tra il mediocre e l'insignificante.

Si parte subito con A is for Apocalypse di Nacho Vigalondo e si parte male, il regista di Timecrimes (che consiglio caldamente) mette in scena il classico corto a basso budget con il colpo di scena. Deludente e fiacco, come sono fiacchi i due episodi successivi (tra l'altro C for Cycle sembra una banale scopiazzatura di Timecrimes) .
D is for Dogfight di Marcel Sarmiento invece non è male, un incontro di box clandestina tra un pugile e un "docile" cane, sembra una pubblicità progresso ma è piuttosto ben girato, e io ho un debole per questo tipo di storie.
F is for Fart di Noboru Iguchi, l'irriverente regista di Zombie Ass e Robogeisha, è una storia d'amore molto poco convenzionale tra un'alunna e la sua insegnate, purtroppo la ragazza ha un'insana ossessione per le flatulenze. Demenziale e completamente fuori posto, ma geniale proprio per questo, e poi aiuta a rimanere svegli. Sulla stessa scia c'è H is for Hydro-Electric Diffusion di Thomas Mailing, storia di animali antropomorfi in cui un cane pilota dell'aviazione si fa attirare in una trappola del nemico all'interno di un cabaret. Sembra davvero di guardare un vecchio cartone animato di Tex Avery, un bell'esercizio di stile ma piuttosto fine a se stesso, anche questo abbastanza fuori posto, esattamente come V is for Vagitus.
L is for Libido dell'indonesiano Timo Tjahjanto è tra gli episodi più riusciti, una gara di masturbazione in cui sopravvive solo chi raggiunge per primo l'orgasmo, la difficoltà (e la forza dell'episodio) sta tutta nelle immagini raccapriccianti che i concorrenti sono costretti a guardare durante l'atto. Un vero e proprio cortometraggio torture porn, un genere che non amo ma che a piccole dosi funziona, un altro di quei pochi episodi che ti scuotono dal torpore.
M is for Miscarriage del mio amatissmo Ti West è un altra delusione, il cortometraggio più corto di tutti mostra uno spaccato di vita quotidiana con una sconcertante rivelazione, il talento si intravede sempre ma sembra che al ragazzo prodigio interessino poco questo tipo di operazioni, mi chiedo perché continui a partecipare...
O is for Orgasm di Hélén Cattet e Bruno Forzani, i due geni dietro quel capolavoro di Amer (uno dei miei film preferiti, che naturalmente vi straconsiglio) provengono proprio dal mondo dei cortometraggi, e questo Orgasm ha molto in comune con le opere precedenti, un horror a metà tra cinema e videoarte in cui eros e thanatos tornano a mescolarsi.
Q is for Quack di Adam Wingard (ma quando esce Your're Next ?) e Simon Barrett. Episodio metacinematografico in cui la coppia di registi è alla disperata ricerca di un'idea per il cortometraggio. Divertente, soprattutto perché ironizza sulla generale mancanza di idee e sulla difficoltà di costruire un cortometraggio a partire da una lettera dell'alfabeto. Simpatica la presa in giro a Nacho Vigalondo.
R is for Removed di Srdjan Spasojevic (A serbian film) riesce a distinguersi con una (forse troppo) colorita metafora del cinema, rappresentato da un uomo scarnificato per ottenere frammenti di pellicola. Significativo che l'episodio si concluda proprio vicino ad un treno.
T is for Toilet di Lee Hardcastle è il cortometraggio selezionato tramite un concorso su youtube (e infatti  potete trovarlo qui), una divertente favola macabra su un bambino che ha il terrore di usare il gabinetto. Realizzato con plastilina e stop-motion.
U is for Unearthed del geniale Ben Wheatley (ne parlo qui) è un POV che mostra la visuale soggettiva di un vampiro braccato da un gruppo di cacciatori. Lo stile movimentato ricorda molto la parte finale di Kill List, mentre il b/n e i costumi fanno pensare a A field in England, uscito meno di un mese fa, probabilmente il furbacchione lo ha girato in una pausa dalle riprese, ma il risultato è divertente ed originale.
X is for XXL di Xavier Gens (Frontiers) si può considerare un ritorno alle origini per il regista francese, che con questo cortometraggio molto vicino al torture porn affronta una storia sull'importanza dell'apparire con la sua consueta brutalità. Una struttura semplice ma efficace che punta tutto sulla forza delle immagini, sconsigliato ai deboli di stomaco.
Z is for Zetsumetsu di Yoshihiro Nishimura (Tokyo Gore Police) chiude il film con un'esplosione di follia, un delirante omaggio a Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick girato ad un ritmo epilettico e strapieno di giganteschi peni. Provocazione molto fine a se stessa ma tremendamente divertente, almeno regala un sorriso alla fine di un'antologia tutt'altro che memorabile.
Sulla carta ABCs of Death è una bomba, 26 registi giovani e talentuosi si ritrovano di colpo con qualche migliaio di dollari in tasca e la più totale libertà creativa sul soggetto (qualcosa di cui dovrebbero godere sempre), una vetrina di cui approfittare, magari scatenando un po' di sana competizione artistica per distinguersi nell'affollatissimo mucchio. Eppure nonostante queste ottime premesse qualcosa non funziona, di questa promettente rosa di nomi e cortometraggi se ne salva appena una manciata (i più estremi e quelli più provocatori), mentre il resto sembra robetta scolastica scritta e diretta da gente che non vede l'ora di tornare a fare altro; un atteggiamento molto simile a quello dei due protagonisti di Q is for Quack, che con il senno di poi diventa un'ottima metafora dell'intera operazione.

1 commento:

  1. Ho finito di vederlo pochi minuti fa. A parte alcune scene che mi son rifiutata di guardare, generalmente l'ho trovato godibile e a tratti spiritoso.
    Il miglior corto, secondo me, è quello della papera (Quack, mi sembra), seguito dal lottatore con il cane, ma temo di averne perso la metà (le botte al cane, appunto). Privo di mordente quello di Angela Bettis (hai ragione), ma secondo me anche quello di Forzani e Cattet: sembra fatto coi ritagli di Amer con l'aggiunta di un paio di effetti speciali.
    Il peggiore m'è sembrato quella summa di sciocchezze di WTF.
    Alla fine son d'accordo con te: la maggior parte si dimentica abbastanza in fretta.

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