giovedì 23 gennaio 2014

That 70's Show: #3 JR & Jesus

Hey, won't you come on with me from Jerusalem
And walking to Emmaus on that dusty road?
The travelling gets harder and with each rebuff
Some turn back because they've had enough
But Jesus told you it was gonna be rough
To walk upon His Gospel Road

Gli anni 70 sono inevitabilmente figli degli anni 60, è una banalità ma è anche come tutte le banalità, la verità. E ancora più che degli anni 60 sono figli di quella incredibile e dirompente rivoluziona culturale-sessuale-sociale che fu il mitico 1968. Una volta rotti gli argini, non c'è ritorno. 
Fu un decennio di grande libertà, di rivendicazioni sociali, gli anni del culmine e della conclusione del conflitto in Vietnam, prima ed unica grande sconfitta degli USA, del femminismo, del punk e della disco music, delle droghe sempre più in voga, sempre più "sdoganate". Ma oltre a questo c'era anche dell'altro.
L'America non è New York (e la costa atlantica) e Los Angeles (e la costa pacifica), l'America è quella landa desolata e bigotta che sta tra queste due grandi città, per citare Ned Flanders. No l'America in realtà è l'unione di queste due anime, e per una volta, andremo proprio in quella landa a scoprire gli anni 70, diversissimi, di una persona che aveva toccato il fondo, che aveva vissuto ai limiti prima che tutti gli altri ci arrivassero e che ha visto la luce quando tutti si allontanavano da essa.
When Johnny Cash found Jesus.

Avviso grosso come una casa: non sono un credente, non lo sono mai stato, amo semplicemente Johnny Cash e la sua musica. Ritengo che raccontare questa storia, una parte importante della sua vita, sia un bel modo di parlare di un'altra faccia degli anni settanta. Di solito fuggo davanti a tutto quello che contiene Dio, Gesù, redenzione e palle varie, ma per una volta vi invito a rimanere. Johnny Cash merita sempre.

"Chissà cosa avevi in mente quando piantavi tutti in asso e te ne andavi nel deserto, per giorni, oppure dentro le grotte più buie deciso a lasciarti morire. Chissà cosa sentivi quando ti abbuffavi di pillole, cosa pensavi su quel palco dove ti raggiungeva anche la famiglia, cosa non potevi confessare mai in pubblico. E chissà come te la passi, ora. Tu che sapevi raccontare una buona storia a chiunque sapeva ascoltarla: adesso che ce ne basterebbe una, una soltanto, prima di guadare questo fiume... che fai, Johnny, non vieni?"
Un giorno Johnny Cash si svegliò in una grotta, niente di metaforico, si svegliò da una piccola dormita nella Nickajack Cave nel Tennessee. Ci era entrato qualche ora prima con un solo intento; farla finita. Era arrivato a un punto della sua vita dove niente aveva più senso e nulla valeva la pena di essere visto o vissuto. L'abuso di alcol e droghe (anfetamine, cocaina ma anche barbiturici) lo aveva allontanato dalla sua famiglia, dai suoi fans e amici, dai suoi colleghi e cosa forse ancora più importante, dalla sua musica. Cancellava show e concerti, si presentava in condizioni pietose, camminava per strada come un corpo svuotato dell'anima, dell'essenza della vita. Anche la sua voce ne risentiva, con una gola troppo secca, non poteva cantare in quel modo caratteristico e melodioso che l'aveva reso celebre.
Era finito anche più volte in carcere (cosa poi fondamentale nella seconda parte della sua carriera), si era risvegliato in post sconosciuti o in ospedali. Così nell'ottobre del 1967 entrò in quelle grotte, un posto dove è difficile perdersi perfino se si è esperti, figuriamoci senza guida e senza attrezzatura. In effetti la grotta era molto metaforica della sua vita in quel determinato momento, il più buio che avesse mai sperimentato.
La sua carriera nel 1967 era stata piena di successi. Grandi album e grandi hit come Hey Porter, Cry Cry Cry, Folsom Prison Blues e I Walk the Line ispirata da June (altro motivo di frustrazione e depressione. Entrambi sposati e divorziati, lei aveva paura di legarsi in un nuovo matrimonio, perciò rifiutava le proposte di Johnny, senza tuttavia negare l'amore che provava per lui) ma anche alcuni progetti più personali come l'album di inni religiosi. Poteva definirsi un uomo e un artista realizzato, eppure qualcosa non andava.


La Nickajack Cave è un complesso di grotte che si estende dal Mississipi river fino all'Alabama. E' un posto bellissimo, meta di turisti da tutta america e meta anche di vagabondi che qui trovavano un riparo. Cash conosceva le grotte, esplorate da bambino in parte -chiaramente tutte è impossibile- con un amico alla ricerca di cimeli della guerra civile e sapeva di quanti avessero perso la strada, in quanto addentratisi eccessivamente, e in seguito la vita. Quello era il suo intento, vagare senza metà, abbastanza da non ricordare più come si uscisse e non essere più ritrovato.
Parcheggiò la sua jeep e camminò per 3 ore circa all'interno delle grotte, fino a quando le batterie della torcia si esaurirono. Si adagiò supino e si lasciò andare. Quello che successe in seguito è difficile da spiegare a parole, persino per lui, ma una presenza comparve dal nulla, qualcosa di ultraterreno. Johnny sentì il suo spirito finalmente in pace, calmo, rilassato, il suo corpo inebriato e percorso da un'energia nuova e avvolto da un'aura di benessere. Questa presenza gli parlò e lo guidò verso l'uscita. Senza luce, senza sapere dove potesse essere la superficie, vagò dritto e inesorabile fino a quando sentì una flebile aria che indicava l'uscita.
Si rese conto che non era padrone del suo destino e che Dio, anche se da tempo non lo pregava, si era allontanato da lui e conduceva una vita di eccessi, lo aveva salvato, perchè aveva altri piani. Ancora più sorprendete fu trovare June e mamma Carter proprio davanti alla grotta con delle bottigliette d'acqua e una cesta di frutta. Sapevano che qualcosa di brutto stava succedendo e che dovevano andare proprio li.
Da quel giorno Johnny si riavvicinò a Dio, ritornò una persona sobria, riprese in mano la sua vita -si sposò l'anno successivo con June e nel 70 nacque il piccolo John- e la sua carriera -il Johnny Cash Show divenne un programma di punta e andò a suonare a Folsom, prima, e in seguito in molte altre carceri, memore della condizione dei carcerati. Mentre tutto il mondo si "sballava", lui effettuava il percorso opposto.
La sua vita apparteneva a Dio, promise di abbandonare le droghe e ci riuscì, in questo momento nacque l'immagine di Cash che più conosciamo, the man in black.
Gary Allan scrisse una canzone a riguardo che si concludeva così "Così è divenuto "L'uomo in nero" nella grotta di Nickajack/ Alzati Johnny Cash, non ho ancora finito  con te/ Alzati" The Nickajack Cave (The Redemption of Johnny Cash).

I wear the black for the poor and the beaten down,/ Livin' in the hopeless, hungry side of town,/ I wear it for the prisoner who has long paid for his crime,/ But is there because he's a victim of the times./ I wear the black for those who never read,/ Or listened to the words that Jesus said,/ About the road to happiness through love and charity,/ Why, you'd think He's talking straight to you and me../ I wear it for the sick and lonely old / For the reckless ones whose bad trip left them cold… 
("Man In Black")
Fin qui è un bel racconto di redenzione, salvezza, fede etc... ma il cinema? Eccolo. Johnny a parte essere un grandissimo musicista e un presentatore TV, era stato anche un attore. Prima in diverse serie tv western con comparsate concordate poi in un thriller per il grande schermo nel 1961, Five Minutes To Live dove interpretava un killer pazzo che teneva in ostaggio una famiglia. Nel 1971 invece fece forse il suo miglior film, Quattro tocchi di campana, un western, dove faceva il cattivo della situazione contro il buono, Kirk Douglas, con tanto di duello finale nell'arena del paese. Gran film. (Cash continuerà a fare film anche in seguito, sempre sul genere western e si dedicherà a qualche doppiaggio, tipo nei Simpson).
Con la sua stella tornata in auge e in nuova ascesa e soprattutto con una fede in Cristo più potente e sbandierata che mai, si doveva fare qualcosa. Johnny aveva due grandi amici. Uno era Robert Elfstrom, capelli biondi, occhi azzurri, bell'uomo, un regista-attore che nel 1969 aveva diretto un documentario per la tv proprio su Cash, Johnny Cash! The man, His World, His Music. L'altro suo amico era un pezzo grosso del sud, nativo di Charlotte, un predicatore battista, consigliere spirituale fidato di molti presidenti USA tra cui Nixon e Eisenhower, amico di Martin Luther King, mediatore, conduttore televisivo e radiofonico (i suoi show sono stati seguiti da milioni di persone), un vero e proprio colosso con enorme potere, Billy Graham.
Billy voleva sfruttare il talento dei due artisti e le sue risorse finanziarie per fare un film su Gesù Cristo, ma uno serio, uno di quelli fatti da veri cristiani, senza cazzate di sorta, abbellimenti o look hollywoodiano. L'anno in cui uscì fu un anno incredibile per il numero di film su Gesù, ben 3 in un sol colpo, tra cui Godspell, ambientato ai nostri giorni con Gesù clown, e l'anonimo e presto dimenticato Jesus Christ Superstar, tutto l'opposto del progetto Cash-Graham.

We didn't try to make a Cecil B. DeMille film, disse Cash in un intervista. E si vedeva pure. L'intento originale era quello di fare un documentario, o comunque una ricostruzione fedele. Andarono in Israele, nei veri luoghi dove Gesù visse -ma anche Jesus Christ Superstar lo fece- e partirono con pochi soldi, pochi tecnici (molta della troupe venne raccattata in loco), pochi attori e comparse.
Quando si resero conto che due riprese malandate e due ottime canzoni di Cash erano un po' pochino, chiamarono Elfstrom, il biondo occhi azzurri. Ma sai che a parte il regista, andresti bene anche per fare un ruolo? Tipo quello di Gesù, sei uguale. Elfstrom divenne in breve il peggior Gesù nella storia del cinema, con una performance piatta e priva di emozione o empatia, giusto un paio di scene corali lo salvano.
La sceneggiatura scritta da Cash e Larry Murray (suo autore per il programma tv) subì qualche modifica. Il progetto si ampliò, l'estro artistico e registico di Elfstrom aiutò a rendere alcuni passaggi quantomeno memorabili (su tutti il finale).
Johnny non richiese nessun ruolo, ma si prese quello di narratore -anche visibile in alcune scene- e cantautore, creando 8 canzoni cristiane ad hoc e raccattando opere di amici e colleghi, come John Denver, Larry Gatlin, Kris Kristofferson, Joe South e di sua moglie June Carter. Proprio a lei invece, venne affidato un ruolo importantissimo, quella di Maria Maddalena, una scelta non casuale. Maria Maddalena l'adultera! Interpretata da lei, che aveva mollato il marito e si era risposata con un altro!
Visto oggi Gospel Road, questo fu il titolo, è un progetto low budget quanto meno interessante. Girato con luce naturale e registrato in presa diretta, con personaggi privi di dialoghi, ha il sapore di molto cinema indie o sperimentale odierno. Un film naturalistico più vicino alla fede e all'essenza della cristianità, in confronto chiaramente, a tutti gli altri kolossal hollywoodiani; più intimo -comparse ridotte all'osso, nessuna scena con
folle oceaniche, ma allo stesso tempo un utilizzo di un mormorio di fondo che sembra generato da una moltitudine, che crea un effetto straniante- alcuni oserebbero dire più artistico -i tre processi a Gesù riassunti in una sola scena con i tre giudici sotto tre archi e Gesù che si sposta di arco in arco è molto ben riuscita.
La colonna sonora rimane la cosa migliore, sia per gli amanti di Cash che per gli amanti della buona musica. Tutta country, in piena contrapposizione con il rock del Superstar. Inoltre la voce di Cash che racconta i fatti è una goduria che nessun'altro si può permettere.
Nonostante lo videro in pochi e venne oscurato dai suoi rivali, Gospel Road ispirò molti registi futuri e generò una interessante discussione sul significato e la realizzazione del finale. Principalmente rimane tuttavia un testamento e un monumento della fede di Johnny Cash.

Lo volete vedere? E' intero su GodTube, ebbene si, lo Youtube di Dio.

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