venerdì 15 novembre 2013

jOBS di Joshua Michael Stern

In sala dal 14 novembre.
"Twenty years ago we had Johnny Cash, Bob Hope and Steve Jobs. Now we have no Cash, no Hope and no Jobs. Please don't let Kevin Bacon die". 
Bill Murray

Come sarebbe oggi la nostra vita senza Steve Jobs e la Apple? Probabilmente migliore. Staremmo più all'aria aperta, saremmo meno nervosi, leggeremmo di più. O forse no, totalmente l'opposto, o esattamente identica a come è oggi. Di sicuro non leggereste questa opinione. Hey ma tanto poi arrivò Bill Gates, no?
Steve Jobs ha effettivamente cambiato la nostra vita, soprattutto quella di noi giovani (nati anni 80-90). Ha creato per primo il personal computer, per primo ha messo nelle nostre tasche il lettore MP3 e sempre per primo ha portato il cellulare -termine ormai da età della pietra- a un nuovo inimmaginabile livello. Ha fatto di più. Ha creato un culto, una setta, una moda dietro una marca (di computer, la cosa più geek ancora oggi). E' arrivato tardi solo sugli e-book, credo.
Spirito ribelle, genio naturale, stronzo categoria pesi massimi, Jobs è persino riuscito nell'impresa, lui tanto bravo nelle presentazioni convincenti di nuovi prodotti, a preparare tutti alla sua lenta e inesorabile morte, dovuta a un tumore al pancreas e avvenuta il 5 ottobre di due anni fa. Un avviso perfetto da permettere agli sceneggiatori di creare un buon e documentato film sulla sua vita. Peccato che per una volta sia stato battuto sul tempo, da un ragazzino e da un signor regista.

Joshua Michael Stern -sceneggiatore e raramente regista, forse avrete visto di sfuggita il suo Swing Vote con Kevin Costner- e lo sceneggiatore Matt Whiteley hanno preso armi e ritagli (cit.) e hanno prodotto un decente filmetto sulla figura controversa di Jobs, niente di più niente di meno. Lo schema è piuttosto conosciuto. Si inizia dalla gioventù, dove il nostro Steven è dedito alle ragazze e alle droghe leggere, è un ragazzo molto intelligente ma limitato dall'ambiente in cui si ritrova -non ha importanza quale-, inizia a avere le sue prime intuizioni geniali, crea una piccola azienda/progetto con i suoi amici, diventa ricco e famoso, cresce ma non emotivamente, diventa stronzo, avido, cocciuto e impossibile da accontentare, taglia i legami col passato, litiga con le persone con cui è cresciuto, rimane solo e ha un'epifania, diventa maturo, cambia e capisce i suoi errori. CLASSIC! Hu già, e anticipare il tutto con un flash forward.
Si ma è una storia vera che ce puoi fa? Poco nulla, vero. Se la romanzi, allora perchè fare un film proprio su quel personaggio?, ma in ogni caso, anche se è una storia conosciuta -in tutti i sensi, tra libri e documentari, la storia della Apple ce l'hanno propinata spesso- i fans e gli adepti verranno comunque a vederla o la scaricheranno sui loro Mac. Insomma i biopic sono così, hanno di fisso una schiera di pubblico che abboccherà, non serve fare altro.
E allora "siate affamati, siate folli", go big! Fai qualcosa di memorabile dal punto di vista stilistico, non fare il solito biopic, osa, mettici quella cacchio di scena che ti sogni la notte da anni, complicatissima ma fighissima, e metticela anche se non c'entra una cippa. Rendi il tuo prodotto indimenticabile, anche solo per un minuto.
Purtroppo jOBS non lo fa e si limita a sfornare l'ennesimo biopic interessante ma privo di un reale fascino. Un racconto avvincente, scritto bene e con degli ottimi interpreti, ma che non va oltre una pacca sulla spalla di mezzo apprezzamento. Non è The Social Network, ecco.
Il film di sor Fincher -un progetto discusso durante la genesi fino alla nausea su internet e chiaramente sui socials. "Fincher s'è bevuto il cervello?"- su Zuckerberg è presso che identico, se leviamo che dura molto meno come arco narrativo, essendo Facebook nato l'altro ieri. Personaggio stronzo e spigoloso c'è, amici abbandonati c'è, carriera fulminea e problemi legali/finanziari c'è. E allora cosa rendeva The Social Network un grandissimo film e questo na robetta moscia? Un ottimo regista dietro, un fantastico sceneggiatore, Sorkin, dio l'abbia in gloria, e un ritmo pazzesco. E chiaramente essere arrivato prima, cosa che Jobs sapeva molto bene fare. Non che sia una colpa del film di Stern -Dai Steve muori un attimo prima, devo battere Fincher sul tempo- ma aime è un aspetto preponderante.
Nota positiva; ha reso molto bene l'essenza del guru Apple, senza nascondere i suoi difetti di carattere e di comportamento e senza esaltarlo troppo. E parlando di "guru" e "culto" e sopratutto "morto da poco", c'era il rischio di farne un santo.
In ogni caso, se non avete visto quello di Fincher, avete poca dimestichezza con la storia della Apple (o ne avete fin troppa) e vi piace Ashton Kutcher -bravissimo, si vede che ha studiato molto la parte*-, non rimarrete delusi. E' più che buono, nulla di eccelso e se lassa vedè, senza pesare troppo, anche se na sfoltatina avrebbe giovato. Purtroppo secondo Wozniak e altri che lavorarono con Jobs, è pieno zeppo di "cose sbagliate [...] e glorifica eccessivamente Steve, d'altronde non hanno consultato nessuno di noi", ma la fiction, diciamo, è il minore dei suoi problemi.
Per un approfondimento più sincero, vi rimando a I pirati della Silicon Valley, un documentario in cui si parla molto più di cosa ha fatto realmente Jobs per le nostre vite, più che della sua aura divina. 

Scritto dal mio PC Microsoft con Windows 7.

*Jobs era fruttariano, ovvero mangiava solo frutta. Kutcher ha provato a seguire questa sua dieta per immedesimarsi maggiormente nel personaggio, ma è durato solo un paio di settimane, messo KO da una peritonite.

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