domenica 20 ottobre 2013

Cose Nostre - Malavita di Luc Besson

Nelle sale dal 17 ottobre.

"Papà riesce a esprimere qualsiasi emozione con la sola parola cazzo. Cazzo! Che può significare 'C'hanno beccato', oppure Cazzo! Che stavolta significa 'Che buona questa pasta'".

Il sempre più prolifico Luc Besson -regista, sceneggiatore e romanziere, attore, produttore, padrone di una grande casa di produzione, forse la più grande d'Europa, montatore, direttore della fotografia, tutto- per l'ennesima volta si diverte a cambiare genere rispetto al suo precedente progetto. Dopo le recenti avventure in CGI con il popolo dei minimei (x2), la spassosa, avventurosa, egizia e chi più ne ha più ne metta, caccia al tesoro di un altra Adele francese, presto finita nel dimenticatoio e la biografia di Sansoucì (quella che inventò la birra) adesso ci prova e ci riprova con l'azione, quella con cui nacque e che scombussolò il cinema francese 80-90, con una black comedy, in cui mano a mano che si procede i cadaveri superano di gran lunga il numero delle risate.
Cose nostre - Malavita, parte da dove Quei bravi ragazzi terminava (non è un titolo messo a caso, verrà citato almeno in due occasioni in maniera plateale e metacinematografica). Fred Blake AKA Giovanni Manzoni è il classico rat, lo spione che per salvare se stesso ha venduto molti membri della sua famiglia mafiosa. Uno di questi, finito al gabbio, se l'è legata al dito e gli ha sguinzagliato contro i
suoi scagnozzi più feroci per farlo fuori. Fred, sotto la protezione testimoni del FBI, si nasconde in Francia con la sua altra famiglia, quella vera. Tutto risolto, se non fosse che tutto il ucelo famigliare, moglie e due figli, è composto da caratterini fumosi dediti al racket, il pestaggio, gli incendi e la vendetta molto violenta. Così ogni 90 giorni circa, i federali sono costretti a trasferirli in un altro paese, in un altra casa, in un altra amena comunità, per evitare che qualcuno si insospettisca. Una volta arrivati in Normandia però, sembra non esserci più via di fuga.
Besson, bravo dietro la cinepresa quanto, forse anche di più, nella scrittura, si diverte a mettere in piedi una commedia amara sulla mafia infarcita di omaggi e citazioni accorte ai grandi film del genere e soprattutto riprendendone il canovaccio stilistico in alcuni passaggi (ad esempio il figlio Warren che il primo giorno di scuola, in mensa, scruta tutti i suoi nuovi colleghi e li passa in rassegna come fossero dei galeotti. Chi può procurare le sigarette, chi è quello da rispettare, chi sa tutto di tutti, chi farsi amico per avere protezione).
Oltre a questo è forte l'impronta delle commedie francesi dell'ultimo periodo (Benvenuti al Nord, Niente da dichiarare) e non solo, dove è di scena lo scontro tra nord e sud, o tra francesi e stranieri, o città e campagna ovvero stereotipi nazionali, battutacce, sfottò. Yankees vs mangiaranocchie, con i primi (più italo che americani, altri grandi rivali dei francesi) con la coca cola, il barbecue, l'obesità, il burro di noccioline, la smania di comandare e i secondi con la puzza sotto il naso, presuntuosi e furbetti, la panna in ogni pietanza, il formaggio e il vino, libertini in amore. Uno scontro, sovente anche mortale tra popoli e culture uniti malvolentieri da quello sbarco in Normandia di tanti anni fa (divertente il dialogo tra Fred e il vicino esperto di storia). Uno di questi diverbi porta a una spocchiosa risposta molto MarieAntoinette-iana "Se l'acqua del rubinetto è sporca, compratevi l'acqua imbottigliata".
Ritmo scanzonato, minuti che passano velocemente e risate poche ma buone. La violenza ha il sopravvento, con una gag reiterata anche troppo, dove i personaggi immaginano cosa vorrebbero fare a chi li ha innervosire. "Infine il finale" dove la commedia svanisce e il clima si fa molto teso e il vecchio Besson di Nikita e Leon risorge per la gioia dei fans.

De Niro interpreta se stesso, ovvero interpreta il se stesso cinematografico, con un mafioso all'ultimo stadio, persino oltre lo psicanalista; braccato, nascosto, ferito ma con ancora sangue bollente nelle vene e una biografia segreta da scrivere. Rivede un se stesso nella proiezione al cineforum locale di Quei bravi ragazzi (una scena metacinematografica simile a quella di Travolta e il royal with cheese in From Paris with love, scritto da Besson) e si apre a fiume. Bobby sarà pure sempre più macchietta ma per una volta è più che gradevole e tollerabile, complice anche un film un pelo sopra le sue ultime 'disgrazie'.
Somiglia tremendamente a Depardieu con quel capello, mentre la Pfeiffer, violenta e terruncella, sembra una Deneuve magra. Ben calati nella parte e simpatici i figli con l'ormone maschile che toccherà dei picchi oltre 9000 grazie alle forme di Dianna Argon, nota per Glee.
In definitiva, una commedia nera con alcuni momenti divertenti, ma non abbastanza, con tanta violenza (ripetitiva alla lunga) e con un cast in grande forma. Non è proprio indimenticabile ma ha alcune sequenze in grado di rimanere nell'immaginario dello spettatore per qualche settimana. Di film passatempo ce ne sono sicuramente di peggiori.
If is good enough for you, is Gudenov for me.

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