venerdì 26 luglio 2013

42 - Jackie Robinson di Brian Helgeland

Non uscito al cinema ma disponibile dal 4 luglio per il download in HD e in italiano su ITunes.

"Jackie sei la nostra medicina".
Nel 1946 la Major League di baseball americana contava 16 squadre e 400 giocatori, tutti bianchi. All'inizio del campionato del 1947 i giocatori bianchi erano 399, "un uno in meno che non passò inosservato". Come tante cose, nel dopoguerra, anche il baseball cambiò. Branch Rickie, storico proprietario dei Brooklyn Dodgers (da decenni oramai a Los Angeles), decise che era giunto il tempo di prendere un giocatore di colore in squadra, fino a quel momento relegati in leghe minori e impossibilitati per legge (! la legge Jim Crow) a giocare nello stesso campo con i bianchi.
Toccò a Jackie Robinson, talento puro dell'Alabama, uno dei migliori ruba basi del mondo. Dopo un anno a Montreal per fargli fare un rodaggio, venne promosso nei Dodgers. Jackie dovette affrontare il razzismo feroce all'interno e fuori dal campo, le minacce, le violenze, gli insulti peggiori di una società troglodita (quella che vota Lega ancora oggi) ma tirò avanti e vinse, vinse tutto quello che poteva cambiando le mentalità di un intera nazione.
Nel celebrare i propri eroi, reali o fittizi (i supereroi), gli Stati Uniti non hanno rivali. Sarà per la loro storia relativamente breve o perchè questi personaggi hanno in qualche modo influenzato il mondo intero e non solo il continente americano, o semplicemente ce l'hanno nel sangue, ma non hanno rivali. Talvolta viene criticata questa loro pomposa retorica ma se c'è da fare un film/evento/concerto/etc... per celebrare una persona, perchè non calcare pesantemente la mano?
Uno di questi eroi a stelle e strisce è proprio Jackie Robinson. Senza di lui oggi non potremmo godere delle gesta di Kobe Bryant e Micheal Jordan, prima, nel basket, di Calvin Johnson e Chad Ochocinco nel football, o ancora, proprio nel baseball, Mariano Rivera e Carlos Delgado. Jackie è stato il primo (e First era anche il titolo del musical di Broadway a lui dedicato negli anni 80), colui che ha cambiato tutto.
42, successo imprevedibile, e anche no, in America (costato 40 milioni ne ha incassato ad oggi 95) è un film trasparente come le mutande della nonna; vuole commuovere e lo vuole fare a tutti i costi. E così rispolvera i trucchetti più vecchi e consumati del tipico cinema melodrammatico e sportivo, ovvero i ralenty, i personaggi tagliati con l'accetta, quelli cattivissimi odiosi, e quelli buoni zuccherosi; il protagonista retto e integerrimo che convince tutti (non tutti ma solo quelli dubbiosi); le classiche scene costruite a tavolino con discorso ispiratore, abbraccio di gruppo, lacrime colanti; l'utilizzo di bambini, quello influenzato dall'eroe "Diventerò come te un giorno!" e nei titoli di coda arriva la conferma, e quello traviato dalla società razzista ma senza colpe e non proprio convinto.
Gioca a carte strascoperte eppure è impossibile non abboccare: lacrimoni virili in arrivo.
Nonostante questo, è un film misurato, a cui non servono esercizi di stile in quanto supportato da una notevole sceneggiatura (sempre di Helgeland, regista dal passato mediocre ma sceneggiatore fenomenale, L.A. Confidential, Mystic River), coinvolgente e storicamente fedele, che va paripasso con una ricostruzione storica impressionante, sia nei costumi che nei mezzi, e negli stadi, con l'aiuto di un po' di computer grafica (a tal proposito, l'abbraccio con un compagno di squadra davanti al pubblico di Cincinnati è un quadro bellissimo, come è emozionante rivedere il vecchio stadio dei Dodgers, Ebbets Field).
Riesce dove molti hanno fallito insomma, in primis il simile Invictus di Eastwood, da latte alle ginocchia, e si discosta dai tanti filmetti sportivi a tema razziale. Ha molti difetti, è un film fin troppo facile, ma comprende gli schemi e i confini del genere e vi naviga dentro con molta padronanza. Rimane il rimpianto di non sapere come l'avrebbe realizzato un altro regista, magari di colore, magari quello Spike Lee che a fine anni 90 voleva realizzarlo un progetto su Jackie con Denzel Washington ma che alla fine saltò.
Ultima cosa, notevole la somiglianza tra il vero Jackie e Chadwick Boseman al suo primo ruolo da protagonista, mentre è irriconoscibile Harrison Ford, nella parte di Rickie. E per chi non lo sapesse, ogni anno, il 15 di aprile, nella MLB si commemora il Jackie Robinson Day, con tutti i giocatori che indossano il numero 42 in suo onore, numero ritirato da ogni squadra nel 1999.

Angolo del rompiballe: ma possibile che non hanno mai fatto strike a Robinson? Nel film si vedono solo o ball o valide dove avviene la battuta. Eh su dai, almeno uno!

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