sabato 8 giugno 2013

The Bay di Barry Levinson

Nelle sale dal 6 giugno

Dopo il discreto biopic televisivo sul Dottor Jack Kevorkian (You don't know Jack, 2010) Levinson torna sugli schermi cinematografici ma non abbandona il cinema politicamente e socialmente impegnato, The Bay nasce infatti come documentario sulla baia di Chesapeake nel Maryland, luogo tristemente celebre già a partire dagli anni '70, quando il forte inquinamento industriale comincia ad uccidere lentamente la flora e la fauna locale, producendo di tanto in tanto qualche inquietante mutazione. Ma un disastro ambientale di proporzioni così grandi non passa certo inosservato agli occhi delle telecamere, così Levinson abbandona l'idea di realizzare l'ennesimo documentario sull'argomento e trasforma il tutto in un mockumentary horror (o catastrofico ?) a tema ecologista (dietro naturalmente c'è ancora una volta Oren Peli). Insomma siamo a Claridge, nel Maryland, la popolazione si riversa tutta nelle strade per festeggiare il 4 luglio tra abbuffate di granchi e rinfrescanti giochi acquatici. La giornata perfetta per una bella tragedia, e infatti molti abitanti del posto cominciano presto a manifestare strani sintomi, dolori lancinanti alla pelle e alle ossa anticipati dalla comparsa di strane bolle purulente su tutto il corpo (pare che nella realtà molti bagnanti si siano ricoperti di bolle simili, brr...). A documentare tutto c'è una giovane e goffa giornalista, che a qualche mese dalla tragedia tenterà di ricostruire i fatti insabbiati dal governo.
Da qui il finto documentario, un insieme di found footage tenuti insieme dalla voce narrante della protagonista, si va dal girato del suo cameraman a filmati provenienti dalle fonti più diverse: cellulari, telecamere di sorveglianza e conversazioni avvenute tramite FaceTime (un'applicazione per iphone, e qui c'è un piccolo blooper, perché il film è ambientato nel 2009 ma il software è stato rilasciato solo nel 2012). Subito ci si imbatte nei primi problemi, che poi dipendono direttamente da limiti intrinseci del POV: regia e montaggio. La regia è quella tipica e ormai tremendamente noiosa di tutti questi film, una serie di inquadrature in soggettiva ricavate da tutte le fonti possibili sulla scena. Poi però, come capita spesso in questi casi, il regista sembra avvertire il peso di questi limiti ed inizia ad inserire punti di vista aggiuntivi per creare più movimento possibile all'interno della scena e per introdurre almeno un accenno di montaggio.
La famosa giornalista con il culo grosso
E quindi ecco che entrano in gioco porzioni di filmato prelevate da videocamere di sorveglianza, i campi e controcampi delle videochiamate (giustificate dal crollo delle linee telefoniche), o situazioni inverosimili in cui in mezzo al panico totale i personaggi gestiscono ben due videochiamate contemporaneamente, una sul pc portatile e una sul cellulare, in modo da fornire almeno un paio di inquadrature diverse. L'impressione è che lo stesso Levinson non si trovi particolarmente a suo agio con questa tecnica, e, soprattutto, che non sappia decidersi del tutto tra mockumentary e horror in POV, ma considerando che si tratta di un regista settantenne alle prese con una forma relativamente nuova il risultato non è affatto malvagio. Quello che però mi piace di questo The Bay è l'idea di fondo, la volontà di trasformare un documentario duro e puro su una catastrofe ambientale in un film di genere un po' ingenuo che omaggia gli Eco-vengeance anni '70 (guardacaso proprio gli anni in cui comincia la tragedia della Chesapeake Bay), la consapevolezza che, quando su un argomento come questo è stato già detto tutto, non resta altro che trasformarlo in una storia dell'orrore, facendo diventare quelle bolle apparentemente innoque il primo segnale di una terribile condanna a morte, il marchio lasciato da un parassita che divora dall'interno in modo lento e inesorabile, lasciando all'ospite tutto il tempo di sperimentare una lunga e angosciante agonia. E forse la forza di quei film, oggi come allora, era proprio quella di risvegliare le coscienze nel modo più semplice e diretto possibile, attraverso la paura. Magari The Bay non riesce pienamente nell'intento, ma è sicuramente un tentativo interessante.

2 commenti:

  1. Il problema di questi mocku fantastici è che appena si palesa la finzione, spesso per deficienze intellettive di chi le gira/scrive, scade completamente la sospoensione dell'incredulità. Il film mi stava piacendo e nutrivo molte aspettative. Poi appena il primo mostrillo esce producendo quei ridicoli suoni posticci, ecco che il genere decade del tutto e si scopre che stiamo vedendo un film spacciato per vero. Non so spiegarlo, ma un mocku, anche fantastico, deve stare parecchio attento a non tradire il genere, e quindi essere realistico. Basta il primo scoperto artificio e scade.

    Ma non lo boccio del tutto. E' solo uno dei tanti mocku imperfetti che girano.

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  2. Questo film é stato una discreta delusione per me...mi é sembrato un buon tentativo, ma fallito. Non riesce ad essere abbastanza documentario e abbastanza realistico per farmi aver paura che una cosa del genere accada veramente. Inoltre, non puoi interessarti a nessuno dei personaggi che finiscono malamente massacrati nel film visto che lo stile documentaristico é inevitabilmente troppo distaccato da loro.
    Peccato, perché avevo ottime aspettative..

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