martedì 14 maggio 2013

No - I giorni dell'arcobaleno di Pablo Larrain

Nomination agli Oscar 2013 come Miglior Film Straniero
Vincitore della Quinzaine des realisateurs a Cannes 2012

Cile 1988, le ormai insostenibili pressioni internazionali spingono il governo guidato dal presidente Augusto Pinochet ad indire un referendum. Dopo un'assenza di democrazia durata oltre quindici anni il popolo cileno è chiamato a votare: può dire si ad altri otto anni di Pinochet, o può finalmente dire no ad una dittatura che si è macchiata dei peggiori crimini immaginabili. Una scelta semplicissima, e apparentemente una storia altrettanto semplice da raccontare.
Pablo Larrain, già conosciuto e premiato per Tony Manero (2008), decide di portarla sul grande schermo passando per l'opera teatrale The Referendum di Antonio Skarmeta e concentrando tutta l'attenzione sulla campagna elettorale che cambiò la storia del paese.
René Saavedra (Gael Garcia Bernal), ambizioso pubblicitario figlio di esiliati, viene coinvolto nella realizzazione degli spot elettorali di quindici minuti che verranno mandati in onda ogni notte nel periodo del referendum. Ma le sue idee moderne non convincono i politici, invece di approfittare dello spazio concesso per denunciare gli orrori della dittatura, René preferisce mostrare agli elettori il Cile di un futuro possibile, attraverso l'estetica patinata e artificiale della nuova comunicazione televisiva.
Un film sulla storia quindi, ma anche e soprattutto sul potere delle immagini. E forse proprio per questo che Larrain ha la geniale intuizione di girarlo con una telecamera U-Matic del 1983 (da qui il formato dell'immagine in 4/3) recuperata con l'aiuto del direttore della fotografia Sergio Armstrong. No ha infatti tutte le caratteristiche del mockumentary, una ricotruzione meticolosa della campagna elettorale del 1988 documentata nella stessa forma delle immagini televisive dell'epoca (film e immagini di repertorio si confondono perfettamente), a metà tra un pedinamento neo-realista e un film del Dogma 95.
Ricostruzione meticolosa ma anche tremendamente appassionante, perché al centro di tutto c'è una vera e propria sfida tra generazioni e modi di comunicare, da un lato il linguaggio dinamico e spudorato della televisione, dall'altro la vecchia retorica di una classe politica intontita da quindici anni di dittatura. Nel mezzo l'impassibile René, che si accolla il gravoso compito di mettere gli ingenui membri dell'opposizione davanti alla necessità di un compromesso: la democrazia può essere venduta come qualsiasi altro prodotto, e nel vibrante mondo della televisione non c'è spazio per pestaggi della polizia o donne che piangono i loro desaparecidos; il pubblico vuole vedere visi chiari e sorridenti, tavole imbandite e un futuro radioso a portata di mano. Ed è proprio nel voler raccontare il compromesso che il film trova la sua forza, perché dietro quel bellissimo "No!" urlato dal popolo cileno ci sono anche decisioni scomode, forse addirittura immorali.
Altro duello che tiene incollati allo schermo è quello tra René e il suo capo (Alfredo Castro, già protagonista di Tony Manero e Post Mortem), che si offre volontario per amministrare la campagna elettorale del "Si". I due si affrontano sugli schermi televisivi attraverso i rispettivi spot elettorali, in un continuo gioco di botta e risposta e parodie reciproche che funziona quasi da diversivo leggero alla violenza e alle intimidazioni reali messe in atto dal governo.
No di Pablo Larrain fa venire in mente film come Salvatore Giuliano o Le mani sulla città, grande cinema che affronta la realtà con uno stile unico e una precisione chirurgica, raccontando un momento storico delicatissimo senza necessariamente mitizzarlo, ma anzi puntando i riflettori sui lati più controversi e meno cinematografici. Un affresco attualissimo che tiene tutto il tempo con il fiato sospeso e lascia con più dubbi che certezze. Qual è il prezzo della democrazia ?
Da non perdere.

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